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Visualizzazione dei post da maggio, 2015

Mi hai rovinato la vita!

"Buonasera" si fa per dire: tira burrasca, se questo scassabarattoli bussa a mezzanotte e venti. "La lavatrice. Ci da fastidio." "Innegabile." "A quest'ora non si può fare questo rumore con la lavatrice." "Se le dicessi che invece sto dando una festa andrebbe bene?" "Ti ho detto altre volte che non si..." "Non si devono fare le feste. Certo, ricordo. Ma se proprio accadesse tanto varrebbe che avviassi una lavatrice, no? Tanto fracasso per fracasso..." "Spegni la lavatrice, d'accordo?" "Volentieri. Le dò una tinozza allora." "Come?" "Così li porta giù e me li finisce di lavare lei." "Nella mia lavatrice?" "Se le dà noia la mia figuriamoci la sua: no, genio, dicevo a mano! Ah, importante: il vestito nero prima di tutto, che se non s'asciuga entro domani non posso partire. A meno che non me ne dia un altro lei, ma mi pare non sia il suo stile."

La finestra quadrata - The square window [From my novel]

Please, scroll down for the English [...] Ci fermammo a pochi passi da Ponte Vecchio. Mi voltai a guardare indietro senza una ragione altra da quelle scritte dalla natura nel nostro destino. In alto notai per la prima volta la finestra quadrata. Una vetrata a tutta parete, dal pavimento al soffitto, al primo piano del palazzo dalla vernice pastello dirimpetto all’ingresso del Ponte, alla fine di Via Por Santa Maria. Potevo vedere la sagoma di una donna. Anche se non mi era possibile vederne definiti i contorni, la immaginai sinuosa, infilandosi lenta e consapevole in un letto bianco, attesa e osservata da un meraviglioso uomo dai capelli sale e pepe. Mi piaceva molto dire “capelli sale e pepe” quando ero al liceo, per questo la mia fantasia lo fece così. Potevano fare qualsiasi cosa mentre intanto ci guardavano, noi e il resto del mondo. Quante persone attraversano il Ponte Vecchio in una giornata? Milioni. Da dove vengono? Da qualsiasi parte del mondo. C’erano inoltre gli abitant

Ecco il motivo segreto per cui abito a Budapest

Gli alternativi le pagano tutte, le loro manie di distinguersi e lo stesso succede a quelli che non hanno nessuna alternativa in mente, ma godono come disperati dal mostrarsi strani, dal disprezzare ciò che sembra piacere a tutti. Nelle ultime settimane ho cambiato la risposta alla domanda che mi viene rivolta più di tutte dopo "Ma ti stai lavando i denti?", che è un po' con il meteo: sembra incredibile, ma ha una popolarità senza paragoni. Siccome abito all'estero e non a Londra, nemmeno a New York, a Parigi ,neanche a  Città del Vaticano - che quando ci andai la prima volta dopo mi gasavo di essere andata "all'estero" - quasi ogni giorno qualcuno mi domanda "Come mai abiti a Budapest?". Da una settimana ho smesso di inventare programmi di studio in università infratellate, gemellose o come si dice, di raccontare del lavoro che di là non c'è e qui figuriamoci ma io ce l'ho, di ricordare quanto la mancanza di questa città di stritoli i

[NEL CESTINO DELLA CARTA] - Budapest, call center: lavorare dopo un presunto lutto

Seduta alla scrivania nella stanza dove passiamo la giornata in venti, su Internet trovo articoli su come affrontare la morte di un amico, di un genitore, di un fratello, di un figlio, di un fidanzato, ma anche dell'amante, di un cane, di un gatto, del vicino di casa e del personaggio famoso di cui si è stati ammiratori sfegatati. Niente su come superare la scomparsa di uno stretto conoscente al cui fianco si è trascorsa la maggior parte della vita dopo i sedici anni d’età. Non un suggerimento di Google su come evitare di pensare a quel coglione quando la società palesava i suoi rigurgiti sotto forma beoti che si proponevano come candidati politici che lui, Triste, avrebbe accolto storcendo la bocca e sputando a terra, anche su un tappeto costoso, perfino di fronte al capo, senza rispetto per niente e per nessuno, tranne che per me. Alzo gli occhi dallo schermo, mi sentivo osservata. Manuel mi sta fissando e non ho abbastanza saliva sotto coperta per accogliere il suo sguardo con

Matematica del bacio / The mathematics of kissing

Nella tua matematica come si chiama l’effetto di un bacio quando è solo l’ultimo? S’immerge nella tua ombra l’alta proiezione di un monte con le sue foglie scure, il mio scudo dal tuo pallido cuore Il buio, i mattoni, l’ubriaco: poteva essere più brutto? Risvegliarsi pieni d’errori a bere caffè d’aria. Andare, restare, lasciare, perdere, vincere, distrarsi.  Ti chiamo. Aspetti…poi dici “vorresti”. Vorrei, ma dico solo “hai dimenticato una valigia" ed è piena di verbi. In your math how do you call the effect of a kiss when is only the last one? It dives in your shadow the high projection of a mountain  with its dark leaves, my shield against your pale heart. The darkness, the bricks, the drunk man: could it be more unsightly? To wake up full of mistakes to drink coffee made out of air. To go, to stay, to leave, to dump, to win.  Find something else to think about. I call you. You wait. Then you