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Tartacronaca dagli Antipodi: chi va piano va sano e va in Nuova Zelanda



Buongiorno. Per onestà premetto che non sto scrivendo questo pezzo perché sono stata in Nuova Zelanda. La Nuova Zelanda non c’entra niente, ma comunque parlerò di quella. Scrivo questo post sulla Nuova Zelanda perché sto guardando un documentario su uno dei tanti casi di ingiustizia negli Stati Uniti in cui un uomo sta scontando una condanna a vita senza colpa. Roba che se la guardi di notte prendi sonno nel decennio successivo. Sul serio, ti sale un nervoso che prenderesti a pugni il muro, ma il palazzo dove abito regge l’anima con i denti, meglio accumulare rabbia repressa e, intanto che stai sveglio, ricordare il più lungo viaggio della tua vita. Dunque tempo fa era il 13 gennaio. In Nuova Zelanda erano quasi le nove di sera, in Italia  quasi le nove di mattina e noi, noi. Chi lo sapeva. Stavamo sorvolando la Cina o uno dei Paesi limitrofi tipo la Mongolodia, più sette rispetto all’Italia, quindi potevano essere all’incirca le quattro del pomeriggio. Per noi - a prescindere dai fusi orari - erano le nove di mattina, l’ora del Paese di destinazione, l’Italia, e ci avevano già servito due colazioni - entrambi a base di riso, sul primo volo con pollo, sul secondo con anatra - e bevuto i primi due bicchieri di rosso. Il viaggio si prospettava divertente: appena dieci ore e nessuno dei due schermi di cui eravamo dotati funzionava. Il piano di riguardare il film dei Minions fino diventare del tutto cretini era crollato miseramente. Di qui la decisione di sbronzarci. L’idea migliore che può venirti su un aeroplano dove devi trascorrere un numero disumano di ore circondato da entità difficili da sostenere a lungo, le famiglie, spesso dotate di neonati che dubito stiano viaggiando per loro scelta.
Bene, il viaggio stava giungendo al termine, e io ero molto felice di tornare a Budapest, dove vivo, ma pensavo pure peccato che sia volato anche il tempo, oltre a noi. Sono molto contenta di aver fatto questo viaggio e lo devo alla mia bieffe, la mia migliore amica, che  si è trasferita agli antipodi e che è stata il motivo della traversata. 
Prima di partire ho raccolto in un quaderno le domande ricevute dai telespettatori (intendo dire conoscenti) a cui dare riposta durante alla mia spedizione dall’altra parte del mondo.
La più classica: davvero si cammina al contrario?
Caro Tommaso, anni cinque, no, nell’emisfero australe si cammina sul terreno e non sul soffitto. Sì, lo so, ci sono rimasta male anche io. Concordo, dovrebbero rimborsarmi parte del biglietto.
L’acqua cade dal mare?
Vedi la risposta precedente.




Cosa mangiano in Nuova Zelanda?
Più o meno quello che mangiano in Inghilterra. Di conseguenza non ho provato niente di tipico, a parte la frutta. Comunque hanno gli anacardi e da allora al posto di starnutire dico "Casciù", ma questo per colpa del mio amico Kylo Ren.
La Nuova Zelanda esiste?
Sì. A tratti dubiti, atterrando, perché più che altro vedi acqua con qualche sassolino sparso in qua e in là, ma esiste. Certo, anche il Molise, te lo assicuro, ma è un’altra storia.
Il jet lag è davvero così sconvolgente?
Altera il tuo orologio biologico. Se, come me, hai l'equilibrio sonno-veglia sconquassato dal 1998, tuttavia, è come una carezza. La cosa più carina è che è contagioso. Dunque se a te capita di svegliarti alle quattro del mattino ogni giorno per tutta la durata del viaggio, anche quando sei andato a letto due ore prima, alle persone che dormono con te succederà lo stesso. Soprattutto se mandi messaggi con l’iphone al massimo della luminosità. 
Il viaggio di ritorno sembra più breve di quello di andata?
Te lo spiegherò in inglese: bullshits. Il ritorno dura più o meno con l’andata, con la differenza che ti sembra non finire mai. In particolare modo se all’arrivo non ti aspettano l’estate e il mare, ma un altro viaggio aereo. Credo che questa non fosse una domanda, ma una mia presupposizione, o speranza dettata dalla disperazione. Errata. Del tutto errata. 
Ci sono davvero così tante pecore?
No. Di più.
E mucche? Anche le mucche sono tante?
Così tante che fatichi a distinguerle dalle pecore. Gli esseri umani, invece, danno nell’occhio.
Esistono cose normali come i cinema, i posti di blocco, i negozi di articoli per fumatori e le palestre?
Sì. Ti dirò di più: ci sono anche i McDonald’s. Inoltre la maggior parte delle case è dotata di energia elettrica. Molte persone sanno già cos’è la tv.
Andrai anche in Australia?
Il giorno in cui andrai anche tu in Nuova Zelanda capirai che è come chiedere a uno che va in Irlanda se lungo il tragitto visiterà anche la Grecia. Ci sono circa 6 ore di aereo tra la terra dei canguri e quella dei kiwi più i vari controlli e, credimi, l'ultima cosa che vuoi dopo due voli consecutivi da 12 ore e 10 ore di attesa in aeroporto è prendere un aereo.  
Come si vestono i giovani?
Da struzzi. No, scherzo. Diversi sono abbastanza truzzi, però, questo è vero. Molti, invece, con jeans e maglietta, o costume e maglietta. Quasi come fossero persone come le altre.
Qualche luogo comune sul rugby?
Chiede Alessandro, che ci chiama da Budapest. Servito: non tutti giocano a rugby, mentre invece la birra post-partita la prendono tutti, anche a campionato finito. I giocatori di rugby, come i surfisti e la maggior parte dei runners locali, hanno caratteristiche apprezzabili, ma è meglio non discuterne in questa sede. 
Qual è stata la più grande delusione del viaggio?
Dovevamo fare un tatuaggio, ma il mio amico Kylo Ren si è spaventato vedendo un energumeno con un tatuaggio rovinato dal body building e dal sole. Ha dunque pensato: "oh. Se oggi mi faccio un tatuaggio dovrò dire addio al mio sogno di diventare un culturista e di prendere il sole sei mesi all'anno nonostante io sia una checca europea che si scotta dopo 20 minuti e di conseguenza da sempre sceglie di restare bianca tutto l'anno. No, non facciamo il tatuaggio."
#neveragain
La tua giornata tipica in Nuova Zelanda?
Cito dal mio Diario FacciadaLibro. "il 6 gennaio in Nuova Zelanda delle nostre frignette europee trascorre al mare, dopo un gradevole tragitto in bus (#neveragain 1). Due ore a spalmarsi crema densa come colla vinilica (#neveragain 2) regalano loro un'abbronzatura che neanche ricoprendosi di gomitoli di lana sgomitolati. Cambiano posto, vanno alla spiaggia dei surfisti senza chiedere indicazioni (#neveragain 3) percorrendo km inutili per poi capire la strada e fermarsi a metá per sfinimento, ripiegando sulla spiaggia dei pescatori. F e C decidono di camminare sul libeccioso (Fede dice si dica limaccioso, ma magari tutto quel vento era libeccio!) bagnoasciuga (#neveragain 4), poi su un letto di conchiglie rotte (‪#‎na‬ 5). Si stendono nella zona dove tira meno vento, cosí bruciano meglio (#na 6), C, in preda al freddo, fa il bagno e finge sia stato bellissimo (#na 7). Disperati, si sdraiano lungo la strada in mezzo alle api (#na 8), conoscono una neozelandese di 808kg incaxxata come una iena e C le dá spago (#na 9) finché il buon Conrad non li recupera con la sua macchina rossa. É non senza sfottere che li porta alla spiaggia dei serfisti, dove, con 22C, C fa il bagno nelle onde con Conrad (e questo non é un #neveragain) anzi é stato spettacolare. Le 22C si sono divertite pure loro. Ma la giornata non è ancora finita e a G succede una delle cose più dolorose del mondo, peggio del ginocchio nello spigolo del comodino, peggio, forse, che bruciarsi per togliere una torta dal forno: le dita nello sportello (doppio #neveragain, 10 e 11). Finiscono con qualcosa di tipico: il fish and chips, ma appena arrivati sul posto sul mare scelto dal festeggiato, F dice "No, fa freddo" (#neveragain 12) e girano tutto il paese senza trovare niente. Ripiegano su un posto cinese-thailandese che fa fish and chips (#neveragain 13)."

Resettami il televisore ti prego.
La televisione è rotta, disse la hostess, che per ricompensa ci ha portato due mandarini e due contenitori di plastica pieni di non sappiamo cosa visto che le scritte sono in cinese. Noi avevamo chiesto vino, ottenendolo. Mi parve giusto. Altre otto ore di volo davanti a noi, ma non dovevamo temere: avevamo due mandarini e due porzioni di pripppplleee, qualcosa che non sapevamo cosa fosse ma sembrava diversa dall'altro vino che avevamo chiesto. Spensero tutto, chiusero le tendine. Volevano farci credere che fosse notte, mentre: 

in Italia era mattina, 
in Nuova Zelanda - se aveva ancora senso usare questo riferimento, e no, non ne aveva - era sera, ma presta, presta sera
lì, in Asia insomma, era primo pomeriggio.

La morale, alla fine del viaggio, è questa:

Vivi la tua vita come se stessi sempre per per perdere un autobus.

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