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Piccoli divertimenti inutili: la collezione


INTRODUZIONE AMPOLLOSA
La vita è fatta di piccoli divertimenti senza senso. Tutti seguono un arco narrativo non previsto dalla Poetica di Aristotele. Si inizia con la scoperta del trastullo di turno per tuffarsi ben presto in una fase di curiosità accompagnata da un pizzico di diffidenza e da una spolverata di dissimulazione: "giocare a Bingo, chi io, ma per chi mi hai preso?". Segue la fase entusiastica - che include il racconto ripetuto e dettagliato dell’attività in questione a chiunque faccia parte della nostra vita. Il soggetto è sempre più coinvolto nel suo innocente svago fino a raggiungere la fase maniaco-compulsiva ed è a questo punto irrecuperabile.
SVOLGIMENTO 
Diversi anni fa traevo una soddisfazione di qualche sorta dal collezionare bustine di zucchero. Sì, ho avuto una fase di negazione, sono tuttora tentata da scrivere che stavo scherzando, poche parole fa, quando vi ho confidato che una volta collezionavo bustine di zucchero. Poteva andare peggio, pensate se fosse stato ketchup, roba da togliermi il saluto. Come i veri amori iniziò in modo graduale, senza che me ne rendessi conto. Trovai una bustina di zucchero bellissima in un bar dove mio padre aveva preso il suo solito caffè amaro. Bellissima lo era ai miei occhi, sia chiaro: una bustina di zucchero può essere anche fatta di cristallo e ambrosia, ma resterà sempre un piccolo sacchetto contenente granuli bianchi. Scoprii poco dopo che la bustina aveva delle sorelle, tutte decorate un po’ alla Pollock come quella, ma in colori diversi. Decisi di volerle tutte. Dopo che ne ebbi scovate in tutte le varianti dell’iride non sapevo cosa stracappero farci, con le bustine di zucchero. Le svuotai e le incollai in un quaderno, usando il nastro adesivo trasparente “Magic”, per non sciuparle. Erano bellissime e ogni tanto le guardavo. Purtroppo per la mia dignità la storia non finisce così. Scoprii infatti che di bustine colorate e disegnate ne esistevano a decine di migliaia, una più bella dell’altra. Con la moderazione che tuttora mi contraddistingue in molte delle mie passioni lanciai un piano per impadronirmi dell’intero mondo delle bustine di zucchero. Scelsi il quaderno più carino in vendita nel negozio di mia madre e lo elessi quaderno delle bustine. Ora non voglio tirarvi scemi e dirvi che smisi di uscire con gli amici, di studiare e di interessarmi a qualsiasi altra cosa che comunque non facevo e che non fossero le bustine, ma divenne comunque una ragion d’essere di una qualche importanza. Ammetto di dedicare tuttora quaderni interi alle cose più improbabili, per esempio ho il diario segreto della protagonista di un romanzo che ho scritto e buttato via. Cioè per diverso tempo ho scritto il diario di questo personaggio inventato al solo scopo di conoscere meglio un personaggio che avevo inventato io, salvo poi non fare niente né con il romanzo né tantomeno con il diario. Tutto sommato, dunque, il quaderno delle bustine di zucchero non andava neanche tanto male. Un fatto importante è che questa mia mania era alla luce del sole, non era una delle   faccende oscure che tendevo ad occultare, tipo il quaderno “Paolo”, che riempivo di tutti i ritagli di giornale che ritraevano Paolo Maldini, terzino sinistro del Milan e, nella mia testa, mio. Quello lo tenevo nascosto e quasi nessuno mi notava quando rovinavo le riviste preziose del dentista strappando via l’amato calciatore. Adesso non ci vedo nulla di male. Certo, avevo dieci anni e sognavo di sposare un trentaseienne, ma a sette ero innamorata di Kevin Kostner e a quattro della Cuccarini, quindi stavo progredendo verso l’accettabile. Con le bustine, ad ogni modo, era diverso. Dopo un po’ tutti sapevano di questo mio vezzo. Poniamo che avessi avuto dodici anni all’epoca. Temo fossi più grande, ma insomma a nessuno parve strano e anzi mi aiutavano! Amici di famiglia e compagni di scuola, parenti e conoscenti, insomma tutti quelli che nella cerchia delle mie conoscenze e in quella del mio complice numero uno che andavano in viaggio rispettavano l'impegno preso e portavano bustine tra le più belle mai prodotte per la bambina rincoglionita in età precoce. Principale complice era mio padre, che viaggiando per lavoro di caffè ne prendeva tanti, sempre amari. Città diverse significano diversi bar e nuovi pezzi per la collezione. C’erano anche quelli che non capivano davvero il fine estetico della raccolta, consegnandomi spoglie bustine di ordinario zucchero di questa o quella marca, persone che immediatamente cadevano ai miei occhi nel baratro delle persone "senza scintilla". Quelle che il certo non so ché non ce l’hanno nemmeno a ribaltarle per svuotargli le tasche. Poi, un giorno non ben precisato all'inizio del nuovo millennio, è arrivata la Befana, ehm, no, volevo dire la rivoluzione. Internet. Per tutti, anche per i milanisti e per le bambine innamorate di Paolo Maldini. In Italia è arrivato che in America già erano ai social media, ma è arrivato e come quando si sono diffuse le televisioni ce l'avevano solo alcuni e andavano tutti a casa di quelli. Per i casi assurdi della vita, noi, col nostro videoregistratore comprato all'avvento dei DVD, ce l'avevamo. Guarda, con questo sistema puoi cercare qualsiasi cosa e trovarla. All’inizio non sapevo proprio cosa farci e cercavo cose stupidissime, non mi fate dire adesso che sono già abbastanza compromessa. Un giorno, non ricordo come e perché, mi è venuta l’idea di controllare se c’erano altre persone che collezionavano bustine di zucchero. Indovinate un po’, c’erano, a migliaia. All’inizio ero galvanizzata, si apriva un oceano di possibilità tutte nuove per la mia collezione. Tra parentesi, tanto ormai siamo persi in una divagazione da otto paragrafi, ero convinta che la mia collezione avesse un certo valore. Erano più di mille, mille! Già fantasticavo di farmici la macchina, quando avrei compito diciotto anni. Invece la rete mi fece sapere che non solo la mia collezione non era originale, ma pure striminzita. C’erano signori che accumulavano bustine di zucchero da decine di anni e ne avevano diversi milioni, milioni! All’inizio non mi persi d’animo, ma in breve capii che era troppo tardi, come con le tessere telefoniche. Certo, avevo iniziato la collezione che già vendevano i cellulari e, col senno di poi, posso dire che non avevo speranze contro i nati nei primi anni Ottanta. La parabola dei divertimenti senza tempo, per riassumere, è questa: scoperta, entusiasmo, OCD, amnesia. Più mi spremo e più non riesco a ricordare quando e ho smesso di collezionarle, ormai demotivata e anche un po’ intristita dai tanti cinquantenni che, al mondo, si scambiavano e addirittura compravano bustine di zucchero vuote. Gli strascichi della passione sono durati circa un lustro, in cui io non le collezionavo più ma i conoscenti continuavano a portarle a casa mia, dove venivano svuotate nel barattolo dello zucchero come per anni avevo fatto io stessa e poi gettate. Povere bustine, ora che ripenso mi dispiace. Ebbene negli anni ne ho avute altre di manie più o meno imbarazzanti e tutte hanno seguito quet’andamento, salvo talvolta riprendere anni dopo. La più recente è quella di entrare nei cortili di palazzi di Budapest, di nuovo un’attività che ha la stessa stravaganza dell’usare il balsamo dopo lo shampoo. I palazzi residenziali delle aree centrali di Budapest sono caratterizzati dai cortili interni e parecchi di questi sono centenari e di pregevole costruzione, chiaro che a molti piaccia intrufolarsi a curiosare. Meno ovvio mi pare che persone nell'età della ragione comprino taglierini appositi per svuotare le bustine dallo zucchero e conservarle. Per sempre.
Ps: se vi interessa, io la mia preziosa collezione l'ho persa, non la vedo da molti anni. Credo mi stia aspettando nel mio armadietto nell'aldilà. Visto che i telefilm americani ci illudono che alle superiori troveremo gli armadietti e poi niente, presumo che almeno nell'oltretomba avremo un signor armadietto, già pronto per noi con tutta la roba che abbiamo perso in vita. Incluso il quaderno coi ritagli di Paolo Maldini. 



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